Vedi come la debolezza sia cosa amabilissima a questo mondo. Se tu vedi un fanciullo che ti viene incontro con un passo traballante e con una certa aria d’impotenza, tu ti senti intenerire da questa vista, e innamorare di quel fanciullo. Se tu vedi una bella donna inferma e fievole, o se ti capita di essere testimone di qualche sforzo inutile di qualunque donna, per la debolezza fisica del suo sesso, tu ti sentirai commuovere, e sarai capace di prostrarti davanti a quella debolezza e riconoscerla per signora di te e della tua forza, e sottomettere e sacrificare tutto te stesso all’amore e alla difesa sua.
Cagione di questo effetto è la compassione, la quale io dico che è l’unica qualità e passione umana che non abbia nessun mescolanza di amor proprio.
L’unica, perché lo stesso sacrificio di sé all’eroismo, alla patria, alla virtù, alla persona amata, e così qualunque altra azione la più eroica e più disinteressata, si fa sempre perché la mente nostra trova più soddisfacente quel sacrificio che qualunque guadagno in quell’occasione.
Ed ogni qualunque operazione dell’animo nostro ha sempre la sua certa e inevitabile origine nell’egoismo, per quanto questo sia purificato, e quella ne sembri lontana. Ma la compassione che nasce nell’animo nostro alla vista di uno che soffre è un miracolo della natura che in quel punto ci fa provare un sentimento affatto indipendente dal nostro vantaggio o piacere, e tutto relativo agli altri, senza nessuna mescolanza di noi medesimi.
E perciò appunto gli uomini compassionevoli sono così rari, e la pietà è posta, soprattutto in questi tempi, fra le qualità più riguardevoli e distintive dell’uomo sensibile e virtuoso.
Se già la compassione non avesse qualche fondamento nel timore di provare noi stessi un male simile a quello che vediamo. (Perché l’amor proprio è sottilissimo, e s’insinua dappertutto, e si trova nascosto nei luoghi più reconditi del nostro cuore, e che appaiono più impenetrabili a questa passione).
Ma tu vedrai, considerando bene, che c’è una compassione spontanea, del tutto indipendente da questo timore, e interamente rivolta al misero.
Brano tratto da: Giacomo Leopardi, "Zibaldone" (108-109) ed. Meridiani Mondadori Immagine dal film "Il giovane favoloso" di M. Martone, 2014
Francesco Urbani
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