Chi nasconde Alice? Iniziamo con un punto interrogativo. Il dubbio ci accompagnerà in questa storia. In queste due storie che sono una discesa e un attraversamento.
Mancanza completa di punti di riferimento. Solo supposizioni. Illazioni. Suggestioni che prendono consistenza nella condivisione, diventando un po’ più concrete, meno personali ma senza conferma di essere reali.
Alice è innanzitutto uno spazio, dove come principio convivono contraddizioni che non sono più tali, e che quindi perdono il dovere della tensione dialettica, essendo l’na libera rispetto all’altra.
Spazio dove molto è stata la considerazione del tempo, che è riflessione abbondante di ogni vita, soprattutto quella di una giovane adolescente, in bilico tra essere grande e essere piccola. Dilemma in cui si deve prendere una posizione, ma che è spesso una posizione che ci invade. La vita che si impone oltre la volontà, anche se gli intenti hanno un loro potere da non sottovalutare.
Ma qui si cresce o si rimpicciolisce bevendo una bevanda, mangiando merendine o abbracciando funghi dalle molteplici proprietà.
Alice ci ricorda chi siamo, con lo strumento della dimenticanza, dell’inganno e dell’illusione. Tutto è possibile quando anche una sola cosa lo è.
Potenzialità che diventano un tutto. Ma c’è anche la trappola, ovvero ciò che appare gatto può essere regina, e laddove era gatto ora disegna unicamente un sorriso.
Alice è multilivello, un po’ come noi adesso, o noi nel tempo della nostra storia. Siamo l’abisso o la meraviglia creatrice. Bambini viziati o servizievoli, persi nello stupore della conoscenza.
Fragili di innocente incoscienza.
Persi, aggrappati, fuggiti, incollati all’adulto narrante. Un lui dalle mille culture, divinità finto-obiettiva del sapere che però racconta una storia dalle caledoiscopiche sfaccettature.
L’adulto inganna, irretisce, istruisce: in quella che doveva essere una favola senza morale, lontana dalla cultura delle altre, diviene elemento di analisi infinite.
Il livello della logica formale e matematica incontra la metafisica del senso e la teologia dell’arbitrio (più o meno libero).
Non ha territorio il conformismo, e una fiaba infantile è letta contro il perbenismo ottocentesco, ma anche disegno del desiderio dell’orco. Quello che strappa l’innocenza all’infanzia.
Il desiderio più terribile e mai esplicitato, ma come sempre da tutti taciuto o consociuto.
E’ questo pensare che la fantasia sia legittima se non segue nel fatto?
Quale confine c’è tra ciò che possiamo pensare e ciò che mai dovremmo immaginare?
Resta il labirinto più grande, quello senza confini. Quello del deserto, e la differenza può farla solo il confine tra solitudine e condivisione.
Chi Sono Francesco Urbani
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Un ringraziamento all'amica e collega Dott.ssa Paola Foggetti, per aver condiviso il tema del "Deserto come labirinto"
Edizione Consigliata: "Alice nel paese delle meraviglie", Annotata da Martin Gardner, Rizzoli qui il link http://www.rizzolilibri.it/libri/alice-nel-paese-delle-meraviglie-7/ Immagine: Elaborazione "Alice nel paese delle meraviglie", Walt Disney Productions, 1951