In quale rapporto sono l’amore e la sincerità? O se vogliamo, in modo più ampio, dovremmo chiederci in quale rapporto è la sincerità, con le relazioni che abbiamo?
Ogni rapporto cresce e matura nel tempo, e con il tempo, fino a trovarsi inevitabilmente con l’innocenza trasformata verso ciò che chiamiamo “spessore”.
Ma proprio all’interno di questo “spessore” è possibile rintracciare elementi sia positivi che negativi.
Perché mentre negli aspetti positivi troviamo la possibilità di “stare assieme” (uno stare che non è solo scoperta, ma anche conoscenza, approfondimento, capacità di condivisione, all’interno di una storia che producendo memoria, si lancia progettualmente nel futuro).
Più complicata è l’area degli aspetti negativi, che spesso restano meno facilmente visibili, e che all’interno della relazione si tende sempre a mettere in disparte (un po’ per l’effetto comfort-zone, un po’ perché nessuno è facilmente disposto a mettere in dubbio relazioni spesso importanti, in cui si è investito affettivamente molto).
Uno degli aspetti fondamentali è la comprensione di quanta “ombra” gettiamo, più o meno quotidianamente, sui nostri legami affettivi. E per “ombra” si possono intendere aspetti anche molto disparati, e soprattutto sia attivi che passivi.
Nel senso che noi possiamo “attivamente” decidere di non raccontare aspetti, pensieri ed emozioni, che ci riguardano, perché pensiamo che l’altro possa non comprendere, oppure reagire in un modo che non ci piace. (E tutto questo richiama la domanda iniziale sulla sincerità).
“Passivi” sono invece le nostre negligenze, cioè tutti quegli aspetti che si verificano ogni qual volta non ci prendiamo “cura”, non solo dell’altro, ma anche della relazione stessa.
Paura, indolenza, tendenza inevitabile alla ripetizione, ci vedono “commettere” il rischio di trascinare quei legami che invece hanno sempre bisogno di attenzione e cura.
Onorare il tempo che è stato, ovvero fare memoria delle fasi iniziali del legame, non significa essere dei “nostalgici del primo periodo” ma anzi essere capaci di uno sguardo che è rivolto al futuro.
Declinando tutto questo come un rinnovato entusiasmo verso lo scoprirsi, verso il bisogno di conoscenza di noi stessi e dell’altro.
Le relazioni si nutrono, e vanno nutrite, accettando il mistero e l’ignoto che ogni giorno appare in noi (e tra di noi).
Tutto questo significa, primariamente, accettare il fatto che ogni relazione è un terreno in cui ci si muove costantemente tra rassicurazione e timore.
Nelle relazioni, e più è l’intimità e più è forte tale discorso, tutto è rischio e tutto è possibilità.
D’altronde correre questi rischi significa poter rafforzare le mura della casa che abitiamo (sia noi stessi, che con l’altro).
Accettare l’ignoto è essere consapevoli che non sappiamo, che non conosciamo e che abbiamo bisogno di comprendere, tanto che questo cammino ci può porre davanti aspetti sia meravigliosi che terribili.
La vita, così come le relazioni che abitiamo e il nostro stesso mondo interno, sono elementi complessi e molteplici, dove l’imprevedibilità deve essere sempre capacità di stupirci, e voglia di accogliere e prenderci cura.
Francesco Urbani
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
Immagine tratta da "La corrispondenza" di Giuseppe Tornatore, 2016