Ora che abbiamo tempo, perché non riusciamo a sfruttarlo come vorremmo?

0 0
Read Time:2 Minute, 22 Second

Molti hanno pensato di utilizzare questo tempo sospeso, dove si resta in casa e si è impossibilitati ad uscire e vedere gli altri, per poter fare delle cose che in un periodo normale non si aveva il tempo di fare.

Quello di cui molti si sono accorti però, è che si riescono a fare delle attività pratiche, come pulire la casa, rimettere in ordine la cantina e le librerie. Mentre le attività intellettuali, come il leggere e lo scrivere risultano spesso improduttive.

Perché questo?

Dobbiamo innanzitutto dire che c’è un fraintendimento di fondo, tra quello che viene definito un tempo sospeso e invece è un tempo dell’attesa.

Nel tempo sospeso tutto viene al momento fermato per poi riprendere come prima. Nel tempo dell’attesa invece ci sono due variabili che la nostra mente non conosce e che la tengono imbrigliata.

Ed è un imbrigliamento soprattutto di carattere emotivo oltre che cognitivo.

La prima variabile consiste nel non sapere quanto tutto questo finirà e la seconda nel non sapere “come” finirà. Ovvero sapere quale sarà la differenza tra il prima e il dopo.

Si attraversa quindi un passaggio tra un come il mondo e la propria vita era prima, e su come sarà dopo.

E qui la nostra mente può imbrigliarsi, nonostante il sano tentativo auto-rassicurante “andrà tutto bene”. Perché ciò che facciamo oggi non sappiamo più se appartiene al mondo passato (che abbiamo paura di perdere) o se apparterrà al futuro (che non conosciamo e che temiamo).

È come se avessimo in mano dell’acqua, ma non avessimo i contenitori. È in travaso che toglie energie mentali e le disperde perché dobbiamo tollerare un’attesa molto gravosa.

La mente è rapita nell’anticipazione e nella speranza, che ciò che verrà dopo non sia doloroso, che il pericolo passi e resti solo un brutto ricordo. Ma nel contempo la mente ha paura del dolore e di una catastrofe che sente di non poter escludere.

L’individuo si sente solo, anche se insieme agli altri che però vivono la sua stessa condizione. Questo toglie molto alla sensazione di solitudine, ma però rapisce emotivamente.

La mente e gli affetti creano una “membrana protettiva” tra sé e quel che sarà. E questo toglie energie intellettuali ed emotive, perché vengono utilizzate per tollerare questa attesa di cui non si conosce la durata.

La sofferenza si muove tra il “toccare” il reale e il negarlo, Andare oltre. Tra paura e speranza.

Tutto questo attendere, questo essere fiduciosi e darsi da fare restando immobili a casa, fa si che la mente difficilmente tenga la possibilità di avviare proficuamente attività intellettuali.

Anche per questo i libri che confidavamo di leggere, spesso non riusciamo neanche a toccarli.

 

Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore

urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
www.casadinchiostro.it

Sostieni Radio Kafka con una donazione
Iban IT25F0306967684577764149731
Intestato a Blog Radio Kafka
Banca Intesa Sanpaolo Spa
Happy
Happy
0 %
Sad
Sad
0 %
Excited
Excited
0 %
Sleepy
Sleepy
0 %
Angry
Angry
0 %
Surprise
Surprise
0 %
Previous post Un tempo sospeso. Riflessioni sulle pause e sul fermarsi
Next post Incubo

Average Rating

5 Star
0%
4 Star
0%
3 Star
0%
2 Star
0%
1 Star
0%

3 thoughts on “Ora che abbiamo tempo, perché non riusciamo a sfruttarlo come vorremmo?

  1. Prima parte della FASE 1: mentre si gridava alla morte e al picco, io mi sono ritrovata fuori, a causa della mia dipendenza affettiva, a cercare di aiutare la mia patologica famiglia, in difficoltà perché vecchia e invalida e abbandonata, per precauzione, dai servizi domiciliari. Per venti giorni ho sbattuto la testa contro porte chiuse e teste dure. In un momento mi sono ritrovata prigioniera della perversione della mia famiglia con la compiacenza delle ordinanze.

    Seconda parte della FASE 1: fuga dall’inferno, finalmente a casa, sintomi, malattia e guarigione. Ancora una volta la malattia accorre in mia salvezza dal morire di sensi di colpa per aver abbandonato la mia famiglia per salvare me stessa.

    Fin qui tutto bene. Affrontavo un giorno per volta. Avevo tante cose di cui occuparmi che giustificavano la mia difficoltà a distrarmi. Eppure qualcosa ho letto.

    Poi è arrivata la FASE 2. Man mano che si avvicinava il 4 maggio, io stavo sempre peggio. L’apertura mi avrebbe esposta nuovamente al possibile riavvicinamento alla mia famiglia. Come se mi avessero tolto il mantello dell’invisibilità e mi avessero costretto ad indossare l’anello del Signore degli anelli, di nuovo venivo esposta al male della mia famiglia. Mia madre dice che ci vedremo appena possibile, dal tono credo lo consideri un diritto materno; per la prima volta in tutta la mia vita, sembra curiosa di sapere come sto… considerato che quando ero dai nonni, mi tossiva in faccia dicendomi che era tosse cronica… sospetto un contagio fraudolento da parte sua. Ha fatto di peggio, e questo, se avesse funzionato, sarebbe stato l’omicidio perfetto. Potermi assistere agonizzare sarebbe impagabile. Non le resta che tornare a sperare che mi venga qualcos’altro, ma potrebbe richiedere tempo e potrei sempre tirare avanti, come lei ha fatto per 20 anni col cancro, cancro che inizio a credere sia lei stessa. Il cancro della mia vita. Che fatica avere soddisfazione da questa figlia che cerca di vivere nonostante il suo impegno a dilaniarmi.

    Adesso sì che non riesco più a leggere e che faccio incubi tutte le notti. Dopo 8 anni di silenzio, difficile da ottenere fuori e dentro di me, avermi per 20 giorni alla sua mercé l’ha fatta sentire potente. Ha rinforzato la sua fiducia nel potermi far soffrire e distruggere, la mia sfiducia nel potermi salvare, esattamente come il coronavirus può rinforzare la sua carica virale.

    Cosa mi terrà lontana dal male e mi darà il coraggio di salvarmi? Quando tornerò a leggere, facendomi trasportare lontano dall’immaginazione e da nuovi pensieri?

  2. Avevo letto questo articolo diverso tempo fa e mi aveva rassicurata. Adesso ce ne vorrebbe un altro più su misura…

    Breve sintesi del problema (non ho grande capacità di sintesi)…

    Prima parte della FASE 1: mentre si gridava alla morte e al picco, io mi sono ritrovata fuori, a causa della mia dipendenza affettiva, a cercare di aiutare la mia patologica famiglia, in difficoltà perché vecchia e invalida e abbandonata, per precauzione, dai servizi domiciliari. Per venti giorni ho sbattuto la testa contro porte chiuse e teste dure. In un momento mi sono ritrovata prigioniera della perversione della mia famiglia con la compiacenza delle ordinanze.

    Seconda parte della FASE 1: fuga dall’inferno, finalmente a casa, sintomi, malattia e guarigione. Ancora una volta la malattia accorre in mia salvezza dal morire di sensi di colpa per aver abbandonato la mia famiglia per salvare me stessa.

    Fin qui tutto bene. Affrontavo un giorno per volta. Avevo tante cose di cui occuparmi che giustificavano la mia difficoltà a distrarmi. Eppure qualcosa ho letto.

    Poi è arrivata la FASE 2. Man mano che si avvicinava il 4 maggio, io stavo sempre peggio. L’apertura mi avrebbe esposta nuovamente al possibile riavvicinamento alla mia famiglia. Come se mi avessero tolto il mantello dell’invisibilità e mi avessero costretto ad indossare l’anello del Signore degli anelli, di nuovo venivo esposta al male della mia famiglia. Mia madre dice che ci vedremo appena possibile, dal tono credo lo consideri un diritto materno; per la prima volta in tutta la mia vita, sembra curiosa di sapere come sto… considerato che quando ero dai nonni, mi tossiva in faccia dicendomi che era tosse cronica… sospetto un contagio fraudolento da parte sua. Ha fatto di peggio, e questo, se avesse funzionato, sarebbe stato l’omicidio perfetto. Potermi assistere agonizzare sarebbe impagabile. Non le resta che tornare a sperare che mi venga qualcos’altro, ma potrebbe richiedere tempo e potrei sempre tirare avanti, come lei ha fatto per 20 anni col cancro, cancro che inizio a credere sia lei stessa. Il cancro della mia vita. Che fatica avere soddisfazione da questa figlia che cerca di vivere nonostante il suo impegno a dilaniarmi.

    Adesso sì che non riesco più a leggere e che faccio incubi tutte le notti. Dopo 8 anni di silenzio, difficile da ottenere fuori e dentro di me, avermi per 20 giorni alla sua mercé l’ha fatta sentire potente. Ha rinforzato la sua fiducia nel potermi far soffrire e distruggere, la mia sfiducia nel potermi salvare, esattamente come il coronavirus può rinforzare la sua carica virale.

    Cosa mi terrà lontana dal male e mi darà il coraggio di salvarmi? Quando tornerò a leggere, facendomi trasportare lontano dall’immaginazione e da nuovi pensieri?

    1. Scusate, ho sbagliato qualcosa… mi diceva che il commento era stato bloccato e invece è stato pubblicato due volte… mi scuso, sia per l’errore che per la lunghezza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.