Questa è una società mondo dove tutto deve essere necessariamente scorrevole, e dove le cose, gli avvenimenti, le relazioni non devono mai contenere elementi di “opposizione”. Ciò che è liscio fila via tranquillamente, e non pone alcuna resistenza.
L’elemento con cui entriamo in rapporto (l’altro, lo studio, il lavoro, le relazioni) devono tutte volgere al positivo, non essendo mai connotate di negatività.
A tal fine quindi è d’obbligo la “semplificazione” e non la complessità. Ed ogni elemento di leggerezza può andar bene solo se è superficiale. Altrimenti deve essere eliminato.
La compiacenza e la solarità, in questo modo diventano atteggiamenti altamente valorizzati, e rinforzati dal successo e dai risultati sociali.
Si pensi a quanto è stato valorizzato il lavoro di gruppo, dove restano fondamentali le capacità quantomeno di mediazione, mentre è mal visto il lavoro individuale. Dove invece ci sono la creatività e l’originalità del singolo.
Ovviamente il “filar liscio” risulta fondamentale perché incrementa uno degli elementi più importanti del nostro mondo attuale, quello della velocità.
Le ferite, il disagio, il disastro, la fragilità, in quanto elementi che “ostacolano” che impediscono in qualche modo il “filar via liscio”, sono aspetti che vanno tenuti segreti, vissuti al massimo dentro uno spazio privato, il meno possibile esposto al sociale.
La malinconia si trova in questo modo “liscio e like” ad essere accompagnate dalla solitudine e non da una condivisione possibile. Se non in termini puramente formali, è per la durata di un post social.
L’approccio “fila tutto liscio” sfrutta la facilità e la semplificazione, giocando sulla meraviglia e sulla continua stimolazione.
Il tutto finisce attorno all’impulso, negando qualsiasi possibilità contemplativa.
È il desiderio l’elemento che più risente di tutto questo, perché è schiacciato e velocizzato. Diventando unicamente di tipo “dissipativo”, cioè completamente privo di profondità, progettualità e sguardo al futuro.
Lo spessore è del tutto assente, dato che è percepito ormai come un “peso”. Qualcosa che è di ostacolo e che va assolutamente rimosso. Soprattutto perché non permette la velocità e la novità.
La distanza è azzerata, e così non può emergere un aspetto di desiderio, e neanche una persona desiderante. Tutto è unicamente e solamente consumabile.
Esiste solo quello che piace. Il “Like”. Tutto è visibile, nulla è nascosto. Nulla deve essere scoperto, perché tutto è in evidenza. Di fronte a un pubblico per cui esiste solo ciò che si vede.
L’altro, in questa dimensione, non può che essere assente, come è assente l’ostacolo, la negatività e l’estraneità.
Ma la ferita, la lesione, che fine hanno fatto?
Eppure sono essenziali per la nascita del dubbio. Ciò che mette in discussione.
L’essere umano deve essere “scosso”. Non deve solo adattarsi a ciò che gli strappa un like.
L’esperienza si fonda sullo sconcerto, sull’aver a che fare con la ferita, con dolore e con lo “sconosciuto”. Solo da questo incontro può nascere il “bello”.
Mentre l’atteggiamento del “fila tutto liscio” non fa altro che annientare e abituare l’essere umano ad accondiscendere alla proposta del like.
Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
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Immagine tratta da "Nerve" di H. Joost e A. Schulman, 2016