L’esistenza di queste persone ha come obiettivo unico il non essere abbandonati dalle figure ritenute dominanti. Figure che vengono percepite come “capaci di dirigere” la vita (propria e altrui).
La perdita di queste persone, che la persona dipendente sospetta potrebbe avvenire improvvisamente, sarebbe confondente ed estremamente dolorosa, e proprio per evitarla viene utilizzata massicciamente l’accondiscendenza.
Tali persone non raggiungono mai una maturità emotivo-relazionale tale da permettergli di compiere scelte autonome, o di confrontarsi con l’altro per stabilire una condivisione.
Sin dalla più tenera età hanno sentito di doversi adeguare alle esigenze, e alle decisioni, delle figure di riferimento, le quali se così non fosse stato sarebbero potute diventare squalificanti e distanzianti.
Solo con un comportamento accondiscendente, “buono” e da “semplice osservatore”, il bambino (che in futuro sarà dipendente) avrebbe ottenuto quel minimo di attenzioni che percepiva necessarie alla propria sussistenza emotiva.
In tal modo le attenzioni sono tutte “spostate” sull’altro, fino ad arrivare ad un rapporto di vera e propria estraneità con se stessi. (Presupposti del Falso-Sé).
Tale ambito viene favorito dall’ambiente familiare, in cui il bambino percepisce una figura di accudimento come soggetto dominante, mentre l’altro genitore come stabilmente passivo e sottomesso.
Tutto ciò permette l’introiezione di un modello di “propria soggettività” estremamente debole, mentre l’altro è sempre percepito come estremamente idealizzato e potente.
A causa di questa configurazione relazionale interna, il soggetto vive i legami tra persone come fondate sulla paura dell’abbandono, e mai come elementi di rassicurazione o protezione.
Proprio tale paura, se incrementata da un evento traumatico gestito molto male dalla famiglia, può portare a sviluppare una grande capacità di accondiscendenza verso l’altro, con relativa perdita del riconoscimento dei propri bisogni e della propria individualità.
L’altro da sé, per estensione, acquista quindi tutte le virtù possibili, e tutte le capacità dello stare nel mondo: potere che può anche consistere nel “Abbandonare improvvisamente e senza motivo”.
Nel soggetto dipendente, quindi, la capacità relazionale è ridotta, soprattutto quando il legame diviene particolarmente intimo. Per tali motivi i rapporti sono sempre di natura asimmetrica e regolati dalle leggi della dinamica dominato-dominante, facendo di lui un soggetto passivo (oggetto) sempre disposto alla sottomissione più totale.
Tutto questo al solo scopo di non essere lasciato solo, essendo l’abbandono la vera paura che totalmente lo domina.
Per queste persone, l’altro da sé, è un soggetto che conosce la direzione da seguire nella vita, e che lui spera gli venga indicata.
Francesco Urbani
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