Riusciremmo veramente a vivere da soli?
Probabilmente saremmo tentati di rispondere affermativamente a questa domanda. E lo faremmo perché spinti dallo spirito di questo tempo. Che ha fatto dell’individualismo un valore, senza accorgersi però della condanna alla solitudine che questo comporta.
L’individualizzazione è sotto gli occhi di tutti.
Partendo dalla “individualizzazione degli approcci”, che è la possibilità (folle) di pensare che ognuno può vederla come vuole.
Criticare questo passaggio è fondamentale, e non significa affatto dire che ognuno deve aderire passivamente al pensiero dominante (sarebbe conformismo banale).
Quel che non funziona nell’individualizzazione degli approcci è che ognuno ha una propria visione del mondo (e fino a questo punto va tutto bene) ma che poi non entra in contatto con la visione dell’altro. Ovvero vi entra solo nel momento che le visioni non entra in conflitto.
Questo si vede chiaramente sui social dove alla fine tendiamo ad essere attorniati soltanto da persone che la pensano come noi.
Che ne facciamo del conflitto?
Spesso non ne facciamo nulla, dato che lo superiamo con un semplicistico politically correct, per cui “Tu hai la tua opinione e la rispetto, ma io resto della mia”.
Il grande assente è lo scambio, il confronto e soprattutto la reciproca influenza.
Abbiamo accertato che non esiste una verità assoluta, ma abbiamo finito per spaventarci di questa scoperta. Allontanandocene con un banale (altrettanto) conformismo individualista.
Ognuno con la sua idea, ma ognuno solo e quindi inutile.
Se non ci “contagiamo” (parola che nelle idee ha un valore e crea vita) allora abbiamo perso non solo una grande occasione, ma abbiamo finito per chiuderci in una (apparentemente) confortevole gabbia dorata (che però finisce per essere fatta di odio verso l’altro che sentiamo come un avversario pericoloso).
E’ la mancanza di allenamento alla contagiosità delle idee che genera sempre più il senso di paura dell’altro. E che ce lo rendo solo un nemico possibilmente da eliminare dalle nostre amicizie.
Questo ha finito per influenzare tutte le relazioni, anche le più intime, in cui siamo abituati a “vederla” nello stesso modo, oppure a “doverci allontanare”. Anche in amore o si è un blocco unitario o si è nemici.
Il grande assente è “Che cosa del tuo pensiero è migliore del mio?”, “Che cosa del mio pensiero può migliorare il tuo?”… “Cosa puoi darmi che io non ho”.
Perché “IO” non è “tutto”, anzi è “niente” senza “L’Altro”.
Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
Cerchi nella notte – Il libro
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
www.casadinchiostro.it
Immagine tratta da "Sunset Limited" di Tommy Lee Jones, 2011
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Una analisi precisa ma affettiva. Mette in contatto con le nostre fragilità senza atterrire.
Grazie di questa riflessione e della fiducia nell’Altro.