Padri passivi, oppure profondamente distratti ed inefficaci, sono le “ombre” che risiedono dietro le ragazze spesso dipendenti che vivono nell’attesa di un principe azzurro che venga a salvarle, e a far loro compagnia.
Attendono un principe azzurro che porti in dono un Ruolo-Luogo da abitare.
Sono ragazze spesso elogiate per la loro gentilezza, sensibilità, compiacenza.
Elogiate per la loro capacità di adattarsi.
Donne che però si limitano ad esprimere solo queste caratteristiche, apprezzate da un pensiero-mondo-maschile, ma che non hanno potuto superare un livello di sviluppo infantile.
Peter Pan al femminile, come le protagoniste di alcune famose favole, vivono nell’attesa dell’altro, come se in tale assenza non fosse possibile esistere realmente.
Da un lato l’illusione romantica, dall’altro la perdita dell’indipendenza e dell’autonomia. La costruzione dell’identità è arrestata, e si abita nella debolezza.
Ragazze che possono mostrare sicurezza e forza, ma che nella realtà non lo sono affatto, perché tendono a essere nel modo in cui, le persone accanto a loro, si aspettano.
Ragazze che ignorano se stesse, restando attente solo alle aspettative dell’altro. Stabiliscono relazioni con che sente il dovere di proteggerle continuamente (ma che nella pratica le soffoca e controlla).
Il rischio è quello di stabilire un rapporto dove la donna, con la sua passività, non fa emergere se stessa, perché deve proteggere la virilità dell’altro.
E chi ha accanto, quindi, inevitabilmente finisce con lo svalutare le capacità di queste ragazze.
Sono legami in cui bisogna essere capaci di andare oltre le categorie “vittima/carnefice”, in quanto non sono relazioni tra persone ma rapporti tra ruoli predeterminati.
Per superarli, non serve manifestare rabbia o rancore, ma bisogna arrivare a guardare le proprie “Ombre” e a quanto si sia, tramite queste, contribuito a costruire tutto ciò.
Francesco Urbani
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
Nella foto Reyyan Şadoğlu nella terza serie “Bolum”