Sicuramente uno dei nemici più grandi dell’amore e dell’eros è l’individualismo. Spesso denunciato da chi imputa questo stato di cose al narcisismo imperante.
Di certo il narcisismo, e il NariciNismo (felice denominazione di Recalcati) che implica la co-presenza di narcisismo e cinismo, sono presenti in modo diffuso nel nostro mondo.
Le nostre relazioni ne sono intrise, e i messaggi che ci circondano sono tutti in quella direzione.
Sia i messaggi che continuano ad affermare quanto sia bello, e importante, star bene con se stessi (uno strano elogio della solitudine), accompagnato dalla comunicazione che i rapporti si possono rompere in qualsiasi momento (e con qualsiasi ragione, anche la più sciocca), perché ad attenderci c’è già una relazione migliore (più bella, più giovane, più stimolante, più leggera e soprattutto meno pesante).
Eppure il nemico forse non è questo, o forse lo è solo in parte, o non lo è affatto.
C’è qualcosa di più strisciante e di meno invisibile, ma però più nascosto (può sembrare una contraddizione ma non lo è). Ovvero alla base dell’individualismo io credo che ci sia semplicemente (e drammaticamente) la paura.
Siamo impauriti di tutto, e forse ne abbiamo anche ragione.
Siamo preoccupati per la nostra salute, davanti ad un sistema sanitario a cui meglio star lontano, e per la presenza di malattie che solo all’idea di essere contagiati, ci fanno sentire emarginati da un mondo popolato soltanto da persone “in salute”.
Per non parlare della paura economica. La paura legata ai posti di lavoro o alla casa (spese, acquisto e quant’altro). Qui, davanti all’economica globale, ci sentiamo impotenti e piccoli. Invasi dalla precarietà, sentiamo che tutto il nostro mondo può crollare da un momento all’altro.
Possiamo diventare poveri con una facilità impressionante, e spesso passiamo le nostre vite ad evitare questa sciagura, senza però più valutare se la qualità delle nostre giornate ci piaccia o meno. Se siamo soddisfatti oppure no. E poi a volte ci sentiamo tristi e non sappiamo perché.
Poi c’è la paura degli affetti.
In una società che inneggia alla solitudine, finiamo per pensare che chi abbiamo vicino non veda l’ora di andarsene, perché per lui siamo soltanto un peso (noi che invece la solitudine ci fa anche un po’ sanamente paura).
E allora ci sentiamo fragili e in balia. Impotenti davanti un mondo che prende una direzione che non appartiene all’essere umano (di cui ancora facciamo parte) e allora abbiamo poche strade. Deprimerci e sentirci “diversi”. Aderire al mito della solitudine e entrare nel grande cerchio del narcisismo solitario (curiosa appartenenza che ci farà sentire ancor più soli). Oppure scegliere di essere se stessi. A che prezzo? Non lo sappiamo. Ma il punto non è la prestazione ma l’atteggiamento. Il punto non è raggiungere un obiettivo, ma semplicemente non tradire la propria natura. Sentirsi umani e prendere atto dei propri bisogni e cercare di realizzare i propri desideri (che non sono individualisti, ma sempre di connessione).
È la paura la profanazione dell’eros e dell’amore.
In questo stato di cose, con l’individualismo e l’autosufficienza sponsorizzate come unica fonte di salvezza (ma salvezza da cosa? Dall’altro?), è praticamente impossibile avere la capacità di perdersi nell’altro, perché siamo sempre in allerta (a farci compagnia è la costante sensazione di pericolo). Non siamo più capaci di ribellarci, ma aderiamo a mitologie individualiste fingendo di essere “originali” e finendo solo per essere “conformi” a quel che la paura ci impone.
L’assenza di ribellione diventa mancanza di speranza e di gioia.
Ci sentiamo impotenti nei confronti della vita, e finiamo per agire il potere dentro le nostre relazioni. In questo senso abbiamo invertito l’andamento della storia, perché è proprio l’impotenza nelle relazioni affettive a creare quello spazio infinito che si chiama amore. Quella perdita dell’individualità a favore di un “noi” che è altro e infinito.
La capacità non di amare ma di “essere amore”.
Andare oltre la prestazione e il potere.
Non si fallisce con l’altro (assieme all’altro), perché amare non è una sfida. Non si vince e non si perde. Si cammina. Con tutti gli inciampi e la bellezza di cui siamo capaci. E che il mondo ci metterà a disposizione.
Amare non è potere. Non è una dimostrazione o una pratica del potere.
Mentre il denaro e la paura rendono tutto uguale. Gli affetti nutrono e creano differenze.
Diversità che sono continui spazi di crescita e di incontro.
Per questo l’amore può essere infinito e senza tempo.
Possiamo ancora innamorarci? Si, se lasciamo la paura e la mitologia del “star bene con se stessi”.
Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
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Excelente articolo caro Francesco. Bisogna atraversaremo il mare del inconscio. Con leggerezza e quel amore che ci mantiene vivi.