Nella giornata mondiale del libro è praticamente impossibile non ricordare una delle storie che sono più rappresentative del rapporto che si può creare con questo “Oggetto-Vita”.
“La casa di carta” scritto da Dominguez è la storia quasi surreale, ma non per questo lontana dal vero, sul legame che vi può essere tra il lettore, il libro e la storia in esso narrata. È un libro che nasce dal Silenzio, dalla lentezza, dallo stare come opposizione al “rumore” e al “troppo” del mondo.
È una storia che apparentemente nasce all’interno dei luoghi per noi abitudinari, ma che richiama immediatamente la lontananza dei luoghi originari, di calma e solitudini che sono alle radici del nostro tempo, e che esso ci riporta. Avvolgendoci nel ritorno dei ritmi che ci appartengono e che sono stati completamente alterati dalla nostra contemporaneità.
Si cita subito Emily Dickinson, quasi come un pretesto, come una scusa e in questo c’è già una riflessione sulla sua poesia e sulle sue parole, nate come un apparente incidente. Come fossero generate solo casualmente all’interno del nostro mondo. Lontanissime ci portano ad una vicinanza grandissima con la nostra più autentica intimità.
E poi c’è la citazione de “La linea d’ombra” di Conrad, altro libro che ha segnato generazioni di lettori, e che ci richiede sempre di ricordare quanto certe storie siano le storie di tutti. Quante volte ci siamo persi nella “stasi” come se non trovassimo una strada e una direzione, ma poi la vita (come i libri), nel loro farsi incontro, hanno realizzato il moto del nostro cammino. Dando fuoco alla passione che era già in noi.
Le citazioni all’interno de “La casa di carta” sono molteplici, ma quello su cui credo sia fondamentale oggi soffermarsi è quanto il rapporto con la lettura non possa prescindere dal rapporto (unico e irripetibile come certi amori) che si ha con il libro. Tanto che in modo quasi onirico qui si viene a parlare di una casa fatta di pareti composte di libri. Come ad indicare quanto questi ci avvolgono ma anche quanto per noi restano sempre irrecuperabili, perché la nostra mente non riescee a ricordarli tutti, anche se le nostre osse ne trasudano le emozioni.
Infatti è comune nei lettori importanti la sensazione di non ricordare la trama di libri anche rituenuti fondamentali, ma d’altronde nessuno può ricordare i dettagli dell’amore che ha fatto con l’uomo o con la donna che ha amato profondamente.
Leggere è corpo, respiro, violenza e trasgressione emotiva. Compenetrazione di sentimenti che possono essere vissuti e non spiegati. È silenzio e amore.
Il libro in questo senso può divenire culto e devozione, ma al di là di alcune passioni eccezionali, chi ama la lettura non può pensare che dentro quello oggetto di carta non vi sia un’importante parte della propria esistenza.
Come non si può prescindere dall’idea che ogni libro è un incontro con i tanti personaggi che lo hanno abitato.
Francesco Urbani
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
La trama: L’Io narrante è un docente argentino di ispanistica all’università di Cambridge, che ha sostituito una collega, Bluma Lennon, travolta mortalmente da un’auto mentre leggeva, incantata nel verso, una poesia di Emily Dickinson. Il professore riceve un libro a lei spedito, La linea d’ombra di Conrad, impastato con frammenti di cemento, recante una dedica della stessa Bluma che sembra accennare a un’avventura amorosa. Una restituzione, secondo tutte le apparenze. E non resiste alla tentazione di entrare nell’intimità di Bluma, di decifrare il mistero di un legame tranciato dal destino, che, attraverso quel testo dell’amato Conrad recuperato da chissà quale distruzione, gli manda una specie di messaggio imperioso racchiuso in un silenzio da squarciare. Approfitta così di un ritorno al suo paese, per trovarsi, tra Buenos Aires e Montevideo, dietro le tracce evanescenti di un uomo, Carlos Brauer. Era il destinatario, all’inizio di tutto, di quel volume dedicato poi restituito; e in una occasione aveva espresso su Bluma – rivela al professore un individuo che lo conobbe bene nelle sue ossessioni – una profezia stranamente precisa. Celebre bibliofilo, prigioniero della divorante passione per le collezioni bibliotecarie, Carlos era svanito verso terre estreme, dopo aver inseguito una chimera di dominio che lo aveva precipitato nell’inquietudine o nell’insania. Raggiunto il rifugio finale del bibliofilo, sulla costiera di una finisterre sudamericana, il professore apprende finalmente il segreto che lega Bluma a Carlos: un capriccio, una beffa del tempo circolare. La casa di carta si situa in quella narrativa incentrata su temi fantastico-intellettuali, e ha nobili maestri nel paese dell’argentino Domínguez. Le tenaci realtà generate dalla finzione o dall’interpretazione o dall’equivoco; «i libri che cambiano il destino delle persone»: con svolgimenti, in questo racconto, che seguono le linee dell’allegoria e della ricerca avventurosa. L’autore: Carlos María Domínguez (Buenos Aires, 1955), è anche giornalista e critico letterario. I suoi romanzi e racconti, che sembrano colloquiare con i temi e le ispirazioni intellettuali provenienti dalle parti di Borges, Buzzati o Calvino, sono stati pubblicati in diversi paesi. La casa di carta è del 2001, ed è edito da Sellerio