Riprendendo in mano i Nove racconti di J. D. Salinger una nota di merito va all’ultimo racconto proposto nel libro: Teddy. Anche qui, come negli altri, si può cogliere il pensiero dell’autore che, nel raccontare la breve storia di questo ragazzino, mostra il suo lato più spirituale e collegato al credo a cui dedicò gran parte della sua vita: il vedānta.
Nel caso di Teddy, però, si può notare come ci siano anche altri riferimenti — seppur tenui — che fanno da filo conduttore nella sofferenza irrisolta che Salinger cercherà di esorcizzare dopo la guerra che lo rese soggetto a disturbi post-traumatici da stress. Si tratta della morte dello stesso autore, che nel libro egli esperirà in un Seymour adulto e in un Teddy bambino. A volerli mettere vicino questi due personaggi si assomigliano davvero molto, sia per il fatto di essere entrambi bambini prodigio, sia per quel modo di esprimersi e comportarsi che crea intorno a loro un alone di mistero come di fatto fu per Salinger stesso.
La prima scena che incontriamo nel racconto si svolge nella cabina di una nave. Si tratta di un dialogo tra Teddy e i genitori dove viene subito messa in evidenza la distanza tra il bambino e gli adulti. Una distanza che mostra Teddy avere una consapevolezza non ancora raggiunta dai genitori, quasi fosse lui il padre e loro i figli. Importante è la riflessione che il ragazzino fa su una busta di bucce d’arancia gettate in mare dalla nave perché ciò che dirà, prima di lasciare definitivamente la cabina, è già presagio.
Proseguendo nella storia, Teddy va alla ricerca della sorellina (i genitori gli hanno chiesto di farla tornare in cabina) e sulla sua strada incontrerà alcune persone dell’equipaggio che, attraverso gesti, battute, e dialoghi un po’ surreali, evidenzieranno l’atipicità del ragazzo. Quando Teddy raggiungerà la piccola Booper, intimandole di tornare dai genitori, l’autore presenta il personaggio della sorellina in maniera colorita lasciando emergere una personalità molto spiccata per una bimba di sei anni. Così, con pochissime pagine, Salinger riuscirà a dare un quadro completo della famiglia McArdle che, facendo attenzione ai dettagli, riporterà alla mente diverse assonanze con i Glass.
Completata questa piccola introduzione, si arriva alla parte centrale del racconto: Teddy si trova sul ponte di coperta e riprende in mano il taccuino dove trascrive i suoi pensieri. È lì che incontrerà nuovamente Bob Nicholson — persona già menzionata all’inizio della storia — con cui intratterrà una conversazione che rivelerà appieno il pensiero del ragazzo sviluppando alcune tesi legate al vedānta.
L’estratto del taccuino riprodotto nel libro è una sorta di memorandum che sembra essere scritto da un adulto con profonde sfumature bambinesche. Si sorride, nonostante le incombenze menzionate, si sorride fino a quando si arriva a leggere l’ultima riga scritta, un’affermazione che lascia il lettore interdetto. Ma non c’è tempo per rifletterci su perché Nicholson si avvicina a Teddy ed inizia a parlargli, a chiedergli delle registrazioni e dei professori incontrati nelle varie università che hanno ospitato il ragazzino e la sua famiglia. La curiosità di conoscere quale sia il mistero che avvolge il protagonista distrae il lettore dal taccuino per catapultarlo nella realtà di Teddy. Una realtà dove le emozioni non servono poiché non se ne vede l’utilità; dove il padre afferma che il figlio non è umano; dove c’è amore per Dio, ma non è un amore sentimentale; dove la reincarnazione è parte integrante del percorso spirituale e la vita un caval donato.
Nonostante possa sembrare una conversazione impegnativa, Salinger non perde di vista un solo momento il fatto che quelle parole escano dalla bocca di un bimbo di dieci anni, e rende così lo scambio tra Teddy e Nicholson a tratti buffo seminando un’ironia di fondo che ha lo stesso sapore di quella vagheggiata nel giovane Holden.
Molto bello il passaggio in cui si parla della mela e del giardino dell’Eden paragonando il frutto proibito alla logica e alla mania intellettuale. Alla fin fine siamo tutti “una massa di mangiatori di mele”.
Il racconto si chiude in maniera ambigua. Teddy si reca all’appuntamento che determinerà il suo destino e Nicholson, dopo aver riflettuto sulle parole del ragazzo, d’improvviso capirà e cercherà di raggiungerlo, ma senza esito. Lo inseguirà senza arrivare in tempo poiché al prossimo giro, si spera, non ci sarà dolore.
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