Il tema della dignità è sempre collegato a quello del rispetto. E per rispetto va inteso quell’atteggiamento che fa fare un passo indietro, tiene a distanza, al fine di creare uno spazio in cui l’altro può esistere in base alla sua propria natura.
In tal senso rispetto, non è solo lasciare libero ma anche saper riconoscere la differenza.
E’ un sapersi mettere in ombra per far brillare l’Altro da Sé.
Si fonda sulla capacità di non invadere e di non tenere in modo sistematico e rigido ai propri diritti. Elemento questo essenziale in una fase storica, dove questi ultimi sono sempre più evidenziati mentre i doveri sono spesso dimenticati.
Ci vuole riguardo nei confronti delle umane esigenze di solitudine e dignità, e questo è completamente in antitesi con la moda contemporanea di richiesta esibizionistica. Dove vi è sempre la sollecitazione a mostrare le emozioni e la propria vita, come in una sorta di pornografia dei sentimenti e delle proprie faccende.
Ovviamente però solo in riferimenti a fatti ed emozioni positive, perché le negative (l’unica ammessa è l’odio) devono essere mistificate e nascoste per bene.
Vi è il dominio della “Pubblicabilità”, dove tutto può essere mostrato e nulla deve essere taciuto, togliendo in tal modo quel velo di opacità che invece è essenziale alla nascita del desiderio. Quel velo di opacità che permette la genesi del bisogno di conoscenza e di meraviglia di fronte all’ignoto.
Se già sappiamo tutto, come possiamo aver voglia di conoscere?
In questo contesto viene ad avere un ruolo fondamentale, e tragico, il denaro: che acquista il privato delle persone e lo espone pubblicamente (basti pensare al gossip).
Il rispetto, invece, è un aspetto fondamentale della nostra natura (e vita) perché, in qualità di atteggiamento interiore, indirizza le relazioni interpersonali a donare dignità.
Davanti al dolore e alla sofferenza, per esempio, laddove questo mondo esibisce e osserva morbosamente, chi rispetta fa un passo indietro, non fa lo spettatore ossessivo. Ma resta in quello spazio di rispetto e di possibilità di intervento atto ad aiutare.
La mancanza di rispetto, dobbiamo sempre tener presente, che se anche è meno aggressiva di un insulto diretto, può ferire dolorosamente. Questo. perché l’essere umano non viene, in entrambi i casi, visto e riconosciuto nella sua umanità e nel suo diritto al rispetto. Il diritto all’essere considerato e trattato come “Persona Piena”. Cioè nella sua completezza, con gli aspetti che possono piacere e non piacere. Altrimenti si cade nella mancanza di rispetto di chi vorrebbe delle “Persone Parziali” (ovvero fatte solo di caratteristiche che piacciono agli altri)
Perché il rispetto è così difficile da dispensare?
Perché non è mai automatico, ma sempre qualcosa che deve essere “agito volontariamente” dalla persona. Portare rispetto significa sempre trovare le parole e, soprattutto i gesti, che lo rendano convincente.
Bisogna allenare il proprio carattere, costantemente, a tener vivo quell’aspetto di Sé capace di entrare in contatto autentico con gli altri.
Al fine di creare relazioni umane che non siano mai lesive dell’altrui o della propria dignità. Cioè dove non ci siano disuguaglianze. Il rispetto reciproco, infatti, aiuta le persone a svolgere qualità relazionali sempre più aperte alla comprensione e all’accettazione della libertà.
Ma rispettare gli altri non è un comando, ma un atteggiamento che nasce dalla voglia di conoscere il mistero che abita l’altro, e noi che entriamo in relazione con lui.
Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
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