La scrittura, al pari di una lenta passeggiata, ci permette di ascoltare e sentire l’ambiente circostante. Ci permette di sentire l’aria del nostro respiro che attraversa il corpo, allo stesso modo in cui possiamo sentire, in ogni sua sfumature, l’incontro del nostro piede lungo il terreno che stiamo attraversando.
Con la scrittura creiamo un dialogo fra penna e foglio, fra mente e inchiostro.
Possiamo far in modo che il mondo venga verso di noi, se sapremo avere la calma, la pazienza e il desiderio di accoglierlo, nella sua interezza (e non solo nelle parti che più ci piacciono, o fanno comodo).
E tutto questo si rende possibile soltanto se si arresta la corsa che costituisce la quotidianità della nostra esistenza.
Inizialmente questo “sostare”, così profondamente diverso dall’abitudinario “correre”, può risultare estraneo, fastidioso, inappropriato. Può addirittura dare ansia, irrequietezza, e questo perché alla lentezza non si è più avvezzi.
Ma alla “lentezza” si può tornare, come si torna alla dimora originaria. Ritornare ad uno stato che rifiuta l’efficienza ad ogni costo. Rifiuta il risultato pratico, a vantaggio dei sentimenti e delle emozioni autentiche.
Ascoltare il proprio corpo, la propria pelle, il proprio cuore… tutto ciò è possibile unicamente mediante la lentezza, e mediante quell’apertura nell’accogliere il mondo.
In questo incontro, che la “scrittura come lentezza” può favorire, si possono trovare scomodità, bellezza, sentimenti piacevoli o dolori. Ma tutto sarà compensato dall’aver preso maggiore consapevolezza di sé, del proprio essere e della propria autenticità.
Nella “scrittura come lentezza” si acuiscono i sensi, cogliendo e raccogliendo nuove sfumature e colori. Viene ad aumentare la curiosità, non più inibita dalla rincorsa all’eccesso.
Si ritrovano le piccole cose, i particolari che danno il senso all’individualità, alla soggettività, all’essere unici assieme agli altri.
Si pongono le basi per tornare ad essere persone che esistono nel mondo.
Di certo, tale approccio, non è in opposizione ai grandi eventi della vita, ma anzi vuole ampliare il dialogo, perché è proprio nel saper allenare se stessi alle piccole cose, che si possono apprezzare ancor meglio i grandi eventi dell’esistenza.
Con rinnovata passione, con sentimenti dal respiro più ampio, che non cedono il passo alle parole logore, alle emozioni grigie, e alla ripetitività dell’abitudine.
Un pratica costante, che sappia affrontare lo sforzo e la fatica, risulta quindi necessaria e indispensabile.
Certo, ci si può a volte sentire ridicoli, o fuori posto, in un mondo che fa della velocità la sua parola-guida. Ma come diceva il poeta portoghese Pessoa… “Tutte le lettere d’amore sono ridicole”… perché la strada degli affetti si trova nelle piccole vie di provincia, e non nelle autostrade senza identità.