Luce

Radio Kafka Luce Urbani
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Alessandra entrò nella stanza. Nonostante fosse giorno tutto era buio. Le serrande erano chiuso e l’odore raccontava da quanto tempo nessuno entrasse lì. O da quanto tempo nessuno ne uscisse.
Sentiva il respiro. Non era affannato.
Era un respiro profondo. Si chiese se stava dormendo, anche se sapeva che non era possibile.
Cercò attorno, non sapeva neanche lei cosa, dato che non era possibile vedere nulla, e alla fine si decise di chiudere la porta.
Anche la poca luce che prima c’era, ora non esisteva più.
Appoggiò la mano alla parete, era umida. Forse nel tempo c’era stata una perdita d’acqua. Chissà da dove. Impossibile dalla stanza accanto, lì dormiva lei e se ne sarebbe accorta.
Impossibile dall’appartamento di sopra. Erano anni che non vi abitava nessuno e l’acqua, come la luce e il gas, erano venuti a toglierli già da tempo.
Eppure era umido. Forse qualcosa che era penetrato dal pavimento. Dalle cantine sottostanti. Forse, ma poco probabile, pensò.
Dopo qualche minuto decise di fare un passo avanti, il respiro era lì immobile. lo stesso identico ritmo.
Forse la stava guardando. Sicuramente la stava guardando.
Sentì che il caldo si era fatto pesante. Era il caso di togliersi almeno il maglione, che probabilmente era ancora bagnato per la neve presa durante la strada.
L’umido delle pareti si confondeva con l’umido addosso e con il sudore che iniziava a farsi sentire.
Alcune gocce le cadevano lungo la schiena, o dal seno.
Doveva decidersi. Andargli incontro e toccarlo. Parlargli.
Oppure uscire, andarsene. Far finta di nulla, come aveva fatto da due anni a questa parte. Senza neanche chiedersi di cosa si nutrisse, e come mai non morisse di fame.
Eppure oggi aveva deciso che quella situazione non era più sostenibile, come si fosse svegliata, fosse uscita, e poi ritornata, unicamente per cambiare quello che non le era mai piaciuto. Che non era mai riuscita a dire.
La stanza era nel silenzio. Il respiro, il pavimento di legno che scricchiolava, nonostante lei non facesse alcun movimento. Forse non se ne accorgeva e lo stava facendo. Forse ci muoviamo un poco, anche quando stiamo fermi.
Lei però era immobile.
Lui anche, forse.
Il respiro, affannato, come di chi dorme, era sempre lo stesso. Anche se non dormiva affatto.

Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
www.casadinchiostro.it

 

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