Le parole “città irreale” sono scritte con tubi al neon dentro un telaio triangolare. L’opera è un’effimera, lapidaria affermazione della natura transitoria e artificiale della vita urbana contemporanea, ma ha anche aspetti enigmatici e complessi. Nella sua stessa elusività si possono leggere infinite sfumature di significato, a dimostrare l’interesse di Merz per l’esplorazione dei processi più sottilmente mutevoli del pensiero, in risposta alla rassicurante standardizzazione della moderna cultura tecnologica.
Merz è un esponente dell’arte povera, una forma di arte concettuale sorta in Italia negli anni Sessanta con l’obiettivo di dissociare le creazione artistica dalla nozione di alta cultura. Come il nome stesso implica, i criteri portanti del movimento sono povertà e mancanza di raffinatezza, per quanto riguarda i mezzi, i materiali, gli effetti. La banalità viene innalzata a livello di arte e oggetti di uso comune investiti di significati metafisici.