C’è un bisogno che va oltre l’esigenza della sopravvivenza fisica, ed è quello della sopravvivenza psicologica, che consiste nell’essere riconosciuti e compresi.
Perché la vera forza dell’essere umano e delle relazioni interpersonali sta nella capacità di ascoltare il punto di vista dell’altro.
C’è in questo “Luogo di Prospettive Diverse” un Silenzio che chiede di essere accolto e ascoltato, e in questo vi è la necessità di una azione (gesto attivo) che è quella di sentire l’altro senza applicare su di lui schemi o pregiudizi.
Accogliere i diversi piani della realtà per come sono è una forma pura.
Tutto questo è un’attività spontanea che però spesso perdiamo dietro le stratificazioni culturali più banali, e dietro il bisogno di essere rassicurati, proteggendoci dall’ignoto e confortandoci con un “già conosciuto” che rende sterile la curiosità.
La comprensione dell’altro stabilisce un ordine senza pretendere nel contempo di crearlo o schematizzarlo, in convenzioni, pregiudizi o preconcetti.
Ascoltare il Silenzio, rispettarlo, significa attivare un gesto di responsabilità che accetta il mistero, aprendo un dialogo di accoglienza nei confronti di ciò che non si conosce.
Si apre, solo in questo modo, una visione più ampia e globale della vita, del mondo dell’altro, ed è qui che vi è l’occasione della genesi dell’intuizione e dell’abbraccio della verità.
Il gesto è nel “Sentire”: sentire il messaggio che è oltre le parole, gli sguardi e le azioni dell’altro. Ascoltare la sua profondità.
Trascendere l’apparenza per rivestire di nuova luce la vita, le relazioni e noi stessi.
Francesco Urbani
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
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Immagine tratta da "Il Silenzio" di Ali Asgari, Farnoosh Samadi (2016)
Forse vado fuori tema ma questo articolo mi ha fatto pensare ad una lezione della Dott.ssa Cinzia Mion, su come viviamo il confronto e le occasioni di formazione. E al mio terapeuta quando interveniva come arbitro negli scambi con il mio partner… un lavoraccio, non privo di rischi :)!
Io ho potuto osservare quanto segue di me stessa.
Dall’ascolto dell’Altro nasce inevitabilmente un confronto. Nel confronto con l’Altro, ciò che siamo e che sappiamo e che abbiamo praticato fino a quel momento viene messo in discussione innanzitutto da noi stessi, indirettamente. Il risultato può essere di conferma o scoperta di nuove possibilità mai praticate, di debolezze, di lacune od errori. Questo accade prima ancora o addirittura senza che l’altro pensi di aver ragione di qualcosa, ma soltanto offrendoci una testimonianza del proprio essere e del proprio agire.
Purtroppo per noi, spesso viviamo equilibri faticosi e precari a causa delle aspettative che abbiamo interiorizzato, e viviamo l’errore come una macchia, qualcosa di cui vergognarsi e da evitare assolutamente -anziché come parte del processo di apprendimento- perché siamo cresciuti nella cultura della colpa.
Per vivere il confronto come momento di crescita, bisogna farsi carico della propria storia, accettando che l’apprendimento sia un processo senza fine; bisogna quindi sentirsi sufficientemente adeguati (sigh!), ovvero capaci ma in continua crescita ed evoluzione. In questo modo la novità portata dall’altro non sarà necessariamente una mera occasione di svalutazione di sé (o dell’altro): sarà una prova utile in ogni caso, per confermare, rinnovare quanto utile e far evolvere tutto il resto. Una sfida per ognuno di noi, in quanto la cultura diffusa dai media e non solo è quella dell’arroganza, nella quale l’esempio più fruibile in generale è quello di chi prevarica l’altro e nega di sbagliare.
Fortunatamente per me, i bambini rinnovano la mia fiducia nell’essere umano e pure in me stessa, la fiducia che tutto sia ancora possibile: da salvare il pianeta e la natura ad ascoltare l’altro e imparare con lui. Dovremmo fare una scuola fatta dai bambini per rieducare gli adulti… in cui gli adulti stanno zitti e ascoltano.