Indubbiamente negli ultimi anni i cambiamenti sociali sono stati non solo molto numerosi, ma sono anche avvenuti con notevole rapidità.
Ogni individuo si è ritrovato in un mondo dove la frammentazione dei punti di riferimento, con cui confrontarsi, è diventata estrema. E il disorientamento è stato tale, da essere accompagnato dalla sensazione di “essere stati lanciati”, indicando così un profondo senso di passività.
La globalizzazione ha alimentato un la percezione di precarietà e di assenza di stabilità, soprattutto negli ambiti lavorativi, e questo è avvenuto non solo molto velocemente, ma con modalità non immediatamente evidenti o tangibili. Tanto che oggi nessuna persona può, tra le altre cose, dire “io sono il mio lavoro”, con tutto il male e il bene che questo comporta, e soprattutto con tutto ciò che può implicare per la percezione che ognuno ha della propria identità.
Il mondo nel suo diventare globale si è molto rimpicciolito, e ha portato al dominio della visibilità. Questo è evidente, in modo particolare, nei cambiamenti culturali che riguardano gli adolescenti, dove con l’aumentare dei canali di comunicazione, c’è stato un progressivo aumento delle possibilità espressive e delle creatività artistiche. Ma accanto ad una “democratizzazione” della cultura, è apparso evidente nel tempo, che è praticamente impossibile per il singolo emergere, dato che si è completamente persi in un mare conforme e informe.
Tutti si esprimono, ma nessuno è più visibile degli altri, o al massimo si appare per poco tempo per terminare rapidamente in un oblio senza memoria.
Con l’avvento di internet, i cambiamenti che sono avvenuti non hanno riguardato unicamente le persone e le relazioni che intercorrono tra loro, ma anche lo strutturarsi delle loro giornate. Laddove in passato, occorreva tempo (e fatica) per ottenere che, all’interno di una cultura, fosse riconosciuto un valore a nuovi elementi, ora ci si ritrova in un mondo dove le informazioni (soprattutto visive) viaggiano connesse a tutto, ad una velocità che non rispetta i tempi dell’essere umano.
Youtube e Google ad esempio, possono influenzare notevolmente lo stile di vita delle persone, e farlo anche con modalità non troppo esplicite, portando dei cambiamenti culturali di diverso tipo, con tempi del tutto incontrollati.
Inoltre questi cambiamenti saranno sempre percepiti, proprio a causa della velocità con cui sono avvenuti, come “sistematicamente sostituibili” portando così le basi culturali e relazionali su un piano di instabilità continua.
I social network permettono di mostrare, e di osservare, gli aspetti anche molto privati, della vita delle persone, modificando completamente quelli che erano i precedenti concetti, e le precedenti abitudini, rispetto al tema dei “confini” e del limite. E questo cambiamento non è stato, tra l’altro accompagnato da nessuna adeguata riflessione, lasciando di fatto ogni singolo individuo, libero di orientarsi come meglio crede.
Libero, ma solo, dato che questa condizione manca completamente di qualsiasi aspetto di condivisione relazionale e sociale.
Le grandi questioni filosofiche, inoltre, sono venute meno, e sembrano non destare l’interesse dell’uomo che vive nella società globale, creando non solo una banalizzazione di tematiche complesse, ma ha anche gettato le basi per nuove modalità di intendere concetti come “patria”, “nazione” e “religione”.
Tali concetti, se da un lato sembravano scomparsi dall’orizzonte degli interessi delle persone, hanno in realtà trovato nuova vita e nuove declinazioni, soprattutto in atteggiamenti e visioni, rigidi e radicali.
È stato proprio il livellamento generalizzato originato dalla globalizzazione, e dalla “democratizzazione delle informazioni”, a far si che tali questioni acquistassero nuove forze radicali, con relativo irrigidimento degli atteggiamenti ad esse collegate.
La radicalità è la forma che si oppone, anche se in modo perverso, al senso di appiattimento, e di anonimato, con cui la globalizzazione “fa stare nel mondo” i singoli individui.
Molte forme di fondamentalismo, di qualsiasi natura esse siano, sono il frutto di questa realtà iper-connessa, e questi radicalismi vanno analizzati nell’ambito dell’impatto della globalizzazione sul senso di identità dell’individuo.
Nelle estremizzazioni dei comportamenti, degli atteggiamenti e dei punti di vista, c’è la ricerca di sé di quell’individuo che si è “perso” all’interno di una ipermodernità globale e livellante.