“Questa roba che dal cielo
buio viene giù chiara, leggera,
tacita, uniforme, senza
sosta vorticando, s’adagia
senza fretta, ovunque, ove sia uno spigolo,
o grattacielo o tomba o cassetta postale.
Quel che era spigolo si fa
rotondo, a poco a poco fanno la pancia
i muri, si colma l’impronta
delle scarpe, mite,
sprofonda la pala,
a poco a poco, tutto, ciò
che si poteva contare, puntuto, distinto,
confluisce, tegola,
teste, si mette la cuffia, l’impervio
soggiace al facile, s’appiana
la differenza, alto, basso,
piatto, sublime, buono, cattivo. Quel colle
settimane, giorni, minuti fa
era un bordello, una baracca,
uno spazzaneve. Anche il tempo
ora è un’unica ovatta. Qua e là
ancora una banderuola, un’antenna.
Quel minimo groppo all’orizzonte,
sbiadito, trangugiato dai fiocchi,
dev’essere il Cervino, oppure
L’Ararat. Dilegua la guerra
nella pace, bianca e perfetta.
Tutto uniforme come la neve,
ma non così la neve. Ogni cristallo
per sé, diverso da
ogni cristallo. Un’occhiata
al microscopio basta, peccato
soltanto che sia sprofondato –
il microscopio – e l’occhio
offuscato dalla neve.”
Hans Magnus Enzensberger – Alla pace eterna
Cosa lascia la guerra? Appiana, trasforma, emette una condanna a metamorfosi. La differenza si appiana. Dove l’altro non esiste più.
Non esistono divergenze e disuguaglianze. Tutti uguali, senza alcun colore. Solo un bianco e nero. Di cui resta solo il nero.
O quel che appare come neve. Polvere della distruzione.
Terra che si alza sotto i bombardamenti. Sotto il crollo dei palazzi e delle costruzione.
Polvere dei corpi carbonizzati e bruciati. Come già un tempo quello dei campi.
Non è meraviglia… non è la bellezza… la magia della vita o della natura…
Non è più cultura. Ma solo la follia umana. Quel suo eterno crogiolarsi, come un bambino viziato, nella sua peggiore tendenza autodistruttiva.
Nel suo continuo voler dominare. Esercitare un potere sul mondo. Sull’altro.
La violenza dell’uomo sull’uomo.
La violenza su tutto.
E non c’è più creatività, colore, bellezza, stupore, sbadigli al mattino, occhi assonnati nella notte.
Il vento che ti scompiglia i capelli. Le attese.
Le speranze che giocano nell’incanto dell’illusione, della realizzazione o forse della delusione.
Non c’è più niente. Solo questa polvere come neve artificiale e plastificata.
Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
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