Di cosa abbiamo bisogna da questo mondo? Oppure dovremmo porci la domanda, cosa ha bisogno il mondo da noi?
Forse possono essere pensieri retorici, eppure del mondo bisogna afferrare quello che passa e non quello che dura.
L’incompiutezza è non qualcosa a cui dobbiamo aspirare, ma bensì una condizione che dobbiamo aver sempre cura di tenere a mente.
Siamo esseri incompiuti, anzi in un certo qual modo non siamo esseri, ma dovremmo cercare di diventarlo. Nella consapevolezza che questo aspetto sarà sempre fuggevole. Sarà sempre qualcosa che appena siamo giunti a toccare, già sarà scivolato via, e allora dovremo riprendere il cammino.
Siamo un progetto continuamente in divenire, e questa è la stanchezza e la meraviglia. Il mistero della vita che abbiamo forse in dono e che dovremmo sempre sperare di conquistare. In un percorso che inevitabilmente sarà perdente, perché manterrà uno spazio di incompiutezza che è poi la nostra stessa vita. Verrebbe da dire la nostra sorte.
Eppure abbiamo bisogno di certezze, di qualcosa di sicuro. Perché siamo anche essere incompleti e quindi bisognosi di protezione. Di rassicurazione.
Quel muoverci neanche troppo delicato tra rassicurazione e rischio. Tra bisogno e desiderio.
Il nostro essere meravigliosamente incoerenti, in un mondo che quasi in modo delirante, ancora pensa alla coerenza come valore.
E’ la contraddizione il nostro habitat, il nostro luogo che non sentiremo mai casa, perché siamo costretti ad un viaggio interminabile, non solo al termine della notte, ma anche al termine dell’incontro con l’altro.
Perché solo l’altro può darci una parte delle risposte di cui abbiamo bisogno. Di cui cerchiamo certezza per poi rifuggirla e correre lontano.
In un meraviglioso spostamento tra nostalgia e desiderio. Tra passato e futuro.
Quanti misteri ci abitano? Quante persone fanno parte di noi? I nostri incontri, le nostre mancanze.
Appuntamenti che non abbiamo rispettato o che abbiamo sentito traditi.
Siamo molteplici e complessi, anche se poi ci riduciamo ad una semplicità che ci aiuta, o che pensiamo possa rassicurarci, ma che in realtà non fa nessun onore al progetto che dovremmo cercare di rispettare.
Quel progetto cammino in cui cerchiamo di afferrare al volo ciò che accade, fondendoci con il tempo, non certo per fermarlo ma bensì per farne almeno un po’ parte.
In questa escursione che chiamiamo vita, e che si trasforma giorno dopo giorno in una sorta di spoliazione, con il suo meditare e riflettere. Uscendo dal ritmo incessante di un quotidiano che è spesso anestesia dei sentimenti e del pensiero.
Andare verso il diverso oltre l’egida della temporalità ordinaria.
Con la nostra spiritualità multipla, fatta di sacralità dell’intimo. L’indicibile personale.
Una ricerca più ampia che è costante rinascita. Resistenza al materialismo che comunque sempre ci appartiene, ma che a volte ci ingabbia più possedendoci che essendo posseduto.
Ricerchiamo senso e valori, oltre l’acidità delle condizioni sociali ed economiche che oggi dominano.
La storia e il processo del cammino, al di la quindi della meta è un appello all’immaginazione.
Fuggiamo da noi stessi per ritrovarci, comprenderci e ampliarci.
Senza indumenti particolari, oltre l’apparente condizione, ci muoviamo verso il mistero chiamato “Io”. Oltre quello che spesso è solo un bricolage di generi meramente adattivi. Ma verso l’autentica dimensione sacra del nostro universo affettivo.
Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
Cerchi nella notte – Il libro
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
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